Angkor Wat half marathon appunti di viaggio: la Cambogia, un passato da dimenticare e un futuro da modellare
Di Giorgio Pesenti
27 novembre, 8 dicembre 2013. Sono in volo con mia moglie Serena per Singapore con destinazione finale Siem Reap, città simbolo della Cambogia con i suoi misteriosi templi Khmer. Dalle mie conoscenze, con l’ausilio di internet, posso considerare che l’ultimo regime dei Khemer, oltre a voler azzerare la popolazione della Cambogia, hanno disgraziatamente distrutto tutta la storia di questo popolo e dei suoi templi. Che fortuna realizzare questo viaggio per conoscere attraverso le persone Cambogiane qualche scampolo di passato e presente di questa nazione asfissiata per secoli da avidi regnanti senza nessun scrupolo. Dopo aver finito di leggere un quotidiano Italiano resto quasi annegato nel bombardamento su sta’ decadenza, un tormentone infinito, nulla di personale contro la persona del tormentato, ma… basta!
E’ ora di pensare di volare in alto altrimenti finiremo per camminare all’indietro proprio come i gamberi. In aeromobile sono attorniato da persone Europee e Asiatiche, e finalmente lontano dal rissoso stivale mi sento finalmente una persona in cerca della libertà di: volare, pensare e sognare senza martellanti condizionamenti. Lo scopo del mio viaggio e’ la corsa podistica più importante della Cambogia, una mezza maratona inserita nella foresta intorno ai templi di Angkor Watt. La finalità di questa gara, oltre l’aspetto sportivo, ha lo scopo umanitario di sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale sullo sminamento dei territori Cambogiani e la proibizione della fabbricazione e la commercializzazione delle mine antiuomo. Questa battaglia contro questi strumenti di morte e/o mutilazione e’ una delle vere decadenze della psiche di alcuni esseri umani che per la loro insaziabile sete di potere ad ogni costo, hanno fatto esplodere e continuano ancora a seminare paura, morte e mutilazioni.
Venerdi 29 novembre alle ore 12,00, a Siem Reap la temperatura sale a 32° di calore.
E’ iniziata la fantastica avventura di questa 18a edizione della mezza maratona Internazionale di Angkor Wat, sveglia con un cielo azzurro brillante e una temperatura subito calda umida. Alle 07,00 sgambata di 40 minuti per saggiare l’atmosfera gara, e subito è diventata molto scottante, sia per l’adrenalina andata in circolo e sia per il termometro già molto caloroso di primo mattino. Terminata la colazione via al ritiro dei pettorali e della maglietta celebrativa, poi di corsa a visitare Angkor Wat Temple intorno al lago Tonle Sap, impressionanti questi reperti archeologici di Angkor immersi e parte integrante della foresta Cambogiana, queste città fortificate vennero erette dai vari regnanti succeduti con il trascorrere dei millenni dell’ impero Cambogiano. Per il popolo Cambogiano questi templi sono anche luoghi sacri, il loro culto religioso ha anche tante identificazioni e idolatrie, attualmente nei templi ci sono molte statue in pietra raffiguranti Budda, queste statue sono rivestite con stoffe pregiate di colore giallo oro e incensate in continuazione da pellegrini in preghiera. La foresta fà corpo unico con i resti dei templi, le radici delle altissime piante presenti, legano le varie strutture in un abbraccio indissolubile; che fantastici incontri che si fanno durante la visita a questi templi, abbiamo incontrato scimmie e cinghiali; la Cambogia è favolosa, ti stupisce ad ogni angolo!
Vigilia half marathon ad Angkor Wat
Sabato 30 novembre. Ovunque running Italia se ci sei batti un colpo, le aquile Valetudo ci sono.
Altra giornata meravigliosamente interessante qui in Cambogia, la vita quotidiana a Siem Reap inizia molto presto, come in tutto il resto della Cambogia, alle 7 del mattino i bambini sono già tutti a scuola e chi deve andare a lavorare nei campi ci và all’alba perchè, anche se non è più estate, le temperature dopo mezzogiorno raggiungono la soglia dei 30 gradi con molta facilità, con un’umidità molto alta. Abbiamo visitato altri due templi il Beng Melea e il bellissimo tempio rossastro di Banteay Srel, quest’ultimo è ben conservato e molte strutture sono arrivate a noi visitatori ancora nel pieno dello loro bellezza architettonica squadrata alla perfezione. Il viaggio nella foresta per arrivare ai templi è risultato assai toccante dal punto di vista umano, abbiamo attraversato molti villaggi, esistono poche case in muratura, in maggioranza le dimore sono su palafitte, questi alloggi sono molto spartani e sono stati costruiti con estrema economia dato la sfortunata povertà; i tetti, se va bene, sono ricoperti da lamiere, e.. invece quelle dei più poveri (queste persone guadagnano a malapena 1 o 2 dollari al giorno ), sono ricoperti con della paglia. Per cui nel periodo estivo, quando il sole è arroventato e si sfiorano i 50°, queste palafitte diventano infuocate ed è quasi impossibile viverci, come pure del resto quando piove; per necessita di sopravvivenza le persone se ne devono stare sotto il pavimento della palafitta a contatto con il terreno e occupando di conseguenza la zona in ombra. E domani è un altro giorno e finalmente si corre, ovviamente ci aspetta una levataccia, la half marathon parte alle 06.30 mentre le gare promozionali di 10 e 3 km hanno lo start alle ore 06.40, per questo motivo i nostri cellulari avranno il compito di svegliarci alle ore 04.30, quando in Italia saranno ancora le 22.30.
1 dicembre mattina: 7800 runners hanno invaso i margini della foresta del parco di Angkor Watt, in antichità i tetti dei templi erano ricoperti d’oro, per la 18 edizione della Half Marathon con una temperatura di primo mattino già estiva-tropicale, ma fortunatamente per gli atleti non era presente la solita cappa di afa tipica di questa zona asiatica che toglie il respiro. (ndr. Per il racconto della gara fare riferimento all’articolo precedente).
Viaggio fluviale da Siem Reap a Battambang. Tra modernità e vita fluviale rimasta agli albori delle comodità.
Lunedi 2 dicembre viaggio di quelli che lasciano il segno nella mente e sopratutto nel cuore, un’immersione di quasi sette ore nei canali che nascono e defluiscono nel lago di Tonle Sap della fiera ed operosa nazione Cambogiana. Tutto il nostro gruppo di atleti ed accompagnatori è rimasto stupito e amareggiato nell’osservare questo passaggio nella povera realtà della vita quotidiana di queste numerose persone che vivono nelle palafitte o addirittura sulle barche, il sostentamento di questa popolazione è derivato solo dalle attività di pesca e dal passaggio dei turisti, ( pochi a dir la verità ).
Lasciato il porticciolo di Siem Reap in pochi minuti siamo arrivati nella foresta fluviale dove crescono un’eccezionale quantità di mangrovie, questo è un luogo accessibile solo grazie alla bontà delle persone che risiedono sulle rive di questo lago e dei relativi canali naturali. Queste vie di comunicazione sono fondamentali per la vita stessa di questa popolazione, essi, con uno sforzo quasi sovraumano, riescono a tenere sgombre queste vie essenziali per la loro sopravvivenza, i Cambogiani fluviali non hanno decespugliatori o mezzi agricoli meccanici, allargano e sistemano queste vie con il solo lavoro manuale di accetta, segnalando il percorso con le bottiglie vuote di plastica appese a qualche ramoscello. Le famiglie di pescatori, nonostante la povertà, sono molto cordiali e i bambini come intravedono un barcone di turisti iniziano a salutare in modo festoso con un visino sempre sorridente, sono vestiti in modo decoroso senza la nostra smania di averi i capi firmati dell’ultima moda.
Anche in questa zona la totalità delle palafitte sono state costruite con materiali derivati quasi esclusivamente dalla natura, il materiale largamente usato è il legno, le coperture dei tetti, se il capo famiglia ha possibilità finanziarie, è di lamiera o assi di legno, oppure per chi è indigente, al massimo si può permettere il tetto di paglia o con pezzi di teli di plastica o anche di stoffa. Per raccontare in forma più verosimile questa informazione riguardante le abitazioni di questi sorridenti Cambogiani, vi posso garantire che i casotti Italiani a fianco degli orti che servono per custodire gli attrezzi, sono costruiti in modo fortunatamente migliore. Per chi invece non ha la possibilità di costruirsi una palafitta ha un solo modo di vivere; risiedere sulle proprie barchette di pesca, è impressionante osservare i momenti di vita di questi Cambogiani sulle barche alloggio, in pochi metri quadrati, pescano, fan da mangiare, dormono, stendono i panni ad asciugare, è curioso anche il modo in cui appendono le padelle e gli utensili da cucina, insomma è una realtà molto cruda da osservare.
Ad un certo punto della navigazione da una palafitta ci è arrivato un saluto molto forte e cordiale, erano i bimbi di una scuola all’aperto che con il loro maestro ci facevano festa, proprio incredibile! Osservando senza mai affaticarci e tra centinaia di scatti fotografici siamo arrivati a destinazione a Battambang, una città con una forte impronta architettonica francese.
Phom Penh
3 dicembre: il nostro viaggio in Cambogia e’ proseguito da Battambang verso la Capitale di Phom Penh, in gergo ciclistico questa lunga escursione in bus e’ paragonabile ad una tappa di trasferimento. Durante l’attraversamento dei villaggi mi sono chiesto come mai non si notavano persone attempate? Dopo alcuni istanti la mia curiosità si e’ trasformata in domanda alla nostra guida Alessandro, un cittadino Cambogiano con origini in alto Adige. Immediatamente Alex mi risponde: non ci sono Cambogiani anziani perche sono stati uccisi dall’ ultimo regime totalitario andato fortunatamente a morire nel 1979. Questi Khemer prelevavano dalle famiglie sopratutto i maschi per eliminarli e fiaccare cosi più in fretta la resistenza al regime. Milioni di persone trucidate per il solo torto di essere nati prima degli altri. Che orrore devono aver disseminato i Khmer in Cambogia dal 1975 al 1979. Proseguiva Alessandro: Ne hanno combinate di molto grosse? Un esempio su tutti e’ stata la cattura dei bambini privandoli della libertà di vivere in famiglia. Questi piccoli esseri umani venivano strappati dai genitori appena erano capaci di cavarsela da soli, questi bimbi non venivano neanche registrati perche dovevano servire in toto alla causa dei comunisti Khmer, una pazzia perpetrata contro tutta l’umanità’ in nome di una comunità anticapitalista. E’ stata una delle peggiori forme di schiavitù di tutti i tempi, uccidere gli anziani e privare i bambini della libertà della loro vita per un’ingabbiatura diabolica di tutta la società Cambogiana. La trappola mortale dei Khemer è stata completata dalla barriera costruita con le mine antiuomo sistemate al confine della Thailandia per evitare la fuga dei Cambogiani verso la libertà.
Questi Khemer di Pol Pot, per cancellare la storia e la cultura, hanno addirittura distrutto tutte le biblioteche azzerando la lunga storia del popolo Cambogiano, uccidevano tutte le persone che portavano gli occhiali perchè pensavano che questi erano troppo colti e di conseguenza con il loro sapere potevano disturbare la loro missione di morte e distruzione.
La visita alla capitale è paragonabile a un miracolo della modernizzazione rispetto al resto della nazione, ci vivono 3 milioni e mezzo di Cambogiani, il centro è un copia incolla di una metropoli del mondo occidentale industrializzato, al centro scorrono vari fiumi canalizzati che vanno ad ingrossare il famoso corso d’acqua del Mekong. Nel centro città si trovano dei lussureggianti giardini, al loro fianco scorrono delle vie stradali molto trafficate, si notano gipponi di notevole valore, macchine berline lussuose, un’infinità’ di motorini stracarichi di persone ( rientra nella normalità per il conducente possa caricare sulla sella tre persone ) e infine circolano una montagna di biciclette.
A proposito in Cambogia non sono necessari per la circolazione stradale, la patente, l’ assicurazione e il bollo auto e per finire chi acquista un’auto o un mezzo di locomozione a motore, l’immatricolazione del mezzo avviene nell’arco di tre mesi, questi possono quindi tranquillamente circolare senza targa per tutti e tre i mesi. Per la parte edilizia nella capitale sono presenti case ed edifici di ottima fattura costruttiva, molto moderni direi anche avveniristici, centralmente sono presenti molti palazzoni di notevole altezza, in questo contesto edilizio sono inseriti le eleganti ambasciate presenti, uffici, hotel, boutique, ristoranti, bar, e fornitissimi negozi alimentari e infine ci sono svariati punti vendita di tecnologie di ultima generazione. Nella zona nevralgica è sito il palazzo reale, visitando l’area pubblica risalta la ricchezza del regno di Cambogia, la costruzione dell’immenso palazzo è di grande valore architettonico della tradizione Cambogiana, i colori dominanti sono il bianco e l’oro, all’interno in varie strutture sono inseriti oggetti della vita reale del passato e del presente. La centralità’ comunque di tutti i vari edifici che compongono il palazzo e’ incentrata sulla raffigurazione di Budda con statue o scene della sua vita spirituale, nella zona centrale del palazzo non poteva mancare un’ bel giardino botanico. Dopo il palazzo reale è obbligo passare al museo nazionale dove sono custoditi preziosi reperti archeologici in pietra, con statue e scene di vita del potente impero Khemer che si estendeva al di fuori dei confini attuali della nazione Cambogiana e comprendeva: La Thailandia, il Laos, il Vietnam meridionale, questo antico regno conquistatore aveva nei forzieri ricchezze molto cospicue.
Terza e ultima tappa, ahimè! Ci siamo recati in pellegrinaggio al Genocide Museum, in questo luogo di martirio, (di questi luoghi di sterminio in tutto il paese Cambogiano ne esistevano 160), vennero imprigionati negli anni che andavano dal 1975 al 1979 i Cambogiani che erano destinati ad essere torturati e massacrati dai Khemer di Pol Pot per il solo fatto di essere stati partecipi della comune vita di quei tempi. La pazzia del regime di Pol Pot consisteva nell’instaurare un regime comunista totalitario senza nessuna proprietà privata, assenza di denaro in qualsiasi forma e proibizione del culto religioso, per cancellare tutto il passato hanno distrutto: libri, studi, la tradizione, Pol Pot voleva azzerare tutta la popolazione con l’uccisione di tutti i Cambogiani che erano testimoni dei vecchi regimi. All’interno del museo di questo genocidio sono perfettamente conservate le funeste celle di detenzione, sono ancora presenti le reti arrugginite che servivano come letto in attesa della tortura- sacrificio, i poveri condannati erano legati con una pesantissima catena, l’unico arnese che i condannati avevano la possibilità di avere al loro fianco era il contenitore degli escrementi. Sono allucinanti gli schizzi di sangue che si notano ancora adesso sulle pareti di questi diabolici locali. Dopo la visita delle celle i visi di tutti i componenti del nostro gruppo si sono sbiancati e il cuore e’ andato in panne, per fortuna che nessuno di noi soffriva di mal di cuore altrimenti non era remota la possibilità che qualcuno ci rimanesse secco.
In questi luoghi di annientamento abbiamo visto i vari strumenti di tortura, inimmaginabili, inqualificabili, laceranti solo alla vista, se questi marchingegni di tragiche e dolorosissime morti non le avessimo avute li davanti ai nostri occhi non ci avremmo mai creduto, è inaudito e incomprensibile che degli esseri umani hanno pensato e costruito queste macchine di morte. E per finire abbiamo visto alcune serie di foto tragiche dei condannati, con gli occhi che scoppiavano dalla paura, intervallate da foto e dipinti delle scene dei massacri di massa e delle fosse comuni, uno scempio disumano, animalesco non lo definirei, ma diabolico si, nettamente. Due immagini mi hanno colpito profondamente, raffiguravano due mamme disperate che venivano derubate dei loro figlioletti, uno veniva ucciso con un colpo di fucile mentre veniva lanciato nel vuoto e l’altro invece veniva scaraventato contro una pianta. Nell’ ultima stanzone due enormi vetrine mostravano una montagna di ossa prelevate dalle fosse comuni, 3 milioni e mezzo i Cambogiani massacrati in questo modo. Sette i superstiti di questa macabra pazzia umana che hanno il doloroso compito di raccontare questo eliminazione di massa in nome del comunismo di Pol Pot.
Finalmentel tre giorni di relax a Sihanouk ville. Spiagge selvaggie e mare incontaminato.
Una cittadina portuale e turistica in piena crescita.
Il nostro viaggio in Cambogia è terminato con il soggiorno nella cittadina portuale di Sihanouk ville, una bella località turistica e commerciale affacciata su grande golfo che si estende fino alla Thailandia. Al largo di Sihanouk ville ci sono numerose isole che rendono questo luogo molto esclusivo e attraente dal punto di vista turistico, i bagnanti che si incontrano provengono da tutta l’ Asia e in quantità minore dall’Europa. Qui si possono fare una quantità di sport acquatici ed escursioni sia via mare e sia via terra nella zona fluviale della giungla, e per chi ama correre e passeggiare, la bella spiaggia offre una possibilità di movimento in assoluta libertà. Per chi ama il running questo lungo arenile è a dir poco fenomenale, si può correre per chilometri su una sabbia color avorio, la compattezza della sabbia bagnata è molto solida per cui il running è fattibilissimo e in alcuni tratti sembra proprio di correre su una bella pista battuta su neve. Questa considerazione da stazione turistica invernale viene meno quando un’onda fragorosa ti spruzza sul corpo un po’ di schiuma bianca d’acqua marina dalla temperatura molto tiepida. Qui a Sihanouk ho visto il record massimale di trasporto su di un motorino; ero con mia moglie Serena a passeggio sull’arteria stradale principale che raccorda per le varie località di Sihanouk e per il gran vociare, i nostri sguardi sono stati attratti appunto da un motorino che si stava fermando all’entrata di una scuola e sgranando gli occhi dallo curiosità abbiamo visto scendere dal piccolo motociclo quattro ragazzi delle scuole elementari, tutti in perfetta divisa bianca e blu, felici, con la cartella in spalla. Siamo scoppiati in una lunga risata anche perchè l’adulto che conduceva il motorino portava il casco mentre i ragazzini non avevano nessuna protezione.
La Cambogia rosa
Viaggiando in Cambogia si può notare la buona volontà di tutta la popolazione Cambogiana di lavorare e progredire verso una società sempre più industriale e con un’apertura culturale da far invidia a molte nazioni occidentali. C’è da considerare che la Cambogia è vicina all’equatore per cui anche in inverno qui il termometro va’ mediamente sui + 30 gradi e in piena estate la temperatura si aggira vicino ai 50 gradi per cui lavorare nei campi sotto il sole e nelle fabbriche senza l’ aria condizionata è molto molto dura; si può solo che apprezzare le qualità di questo giovane popolo Cambogiano. Seconda considerazione doverosa: in Cambogia non ci sono molte possibilità di un’abbondante e varia alimentazione, i lavoratori hanno solo una possibilità’ (se riescono a racimolare un po’ di soldini), acquistare i fantastici prodotti della loro terra e dei loro fiumi, qui i loro poveri pranzi sono a base di riso, pesce e qualche frutto, banane, ananas, cocco e papaya. I condimenti in Cambogia non esistono e per questo motivo non riesco a capire come facciano i lavoratori Cambogiani a resistere per ore e ore nelle loro mansioni senza crollare a terra esausti; in Cambogia l’obesità non esiste! Un esempio di come madre natura non abbia certo aiutato questo eccezionale popolo, in tutti gli angoli rurali e pure in città dove cresce un po’ d’erba vengono allevate numerose mucche, ma anche loro soffrono questa natura molto povera, sono magrissime e per la loro particolare genetica non producono il latte, un’ altra beffa della natura.
Ma veniamo al perchè la Cambogia e’ al rosa , è assolutamente da vedere l’entrata e l’uscita dalle fabbriche, presenti nelle vicinanze delle città principali, qui si producono in gran quantità capi di vestiario, scarpe e birra.
Le maestranze operaie sono tutte di sesso femminile, sono migliaia, tutte donne giovani e esili ma con una forza incredibile, in silenzio e con una compostezza quasi surreale raggiungono il posto di lavoro stipate su tutti i mezzi di trasporto che trovano, sui cassoni di vecchi camion, salgono a decine e si dispongono in piedi una accanto all’altra, praticamente e’ come vedere delle scatole di sardine messe in verticale, sicurezza per questi arcaici sistemi di trasporto, zero! E perche solo donne? Dicono che le donne Cambogiane sono più affidabili degli uomini, io le ho immaginate al loro arrivo nella loro umile palafitta, sotto di nuovo a lavorare, ad accudire i figli, spazzare casa, e andare al mercato a fare la spesa con in tasca mezzo dollaro se tutto va bene…sono eccezionali!